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sabato 7 ottobre 2017

Facciamola breve.

Beh, riparto il giorno 16 corrente mese ed anno.

Non c'è più tempo di fare il riassunto delle mie gesta omanite antecedenti.

Parto e sarò traduttrice per dieci giorni.  Sto diventando un po' come Berlusconi, ormai il mio cv spazia davvero con fantasia.

E....e....e...cercherò di gettare finalmente le basi durature per il mio lavoro principale ed agognatissimo, per cui ho licenza e visto di lavoro e per cui ho tanto penato ed aspettato....guida turistica in loco.

Parto e spero di tornare qui al fresco il più tardi possibile, non me ne vogliate!

Finalmente, ci provo seriamente, senza legami in Italia...e senza legami anche in Oman.
Capito infatti che nessun omanita mi sposerà mai per questioni tecniche, ho anche allontanato il bellissimo giocatore di cricket che mi scriveva da un po'...mi rode ancora parecchio, ma ho deciso di partire con la testa sulle spalle e le romanticherie ben rinchiuse in un cassetto qui a Udine.

Da riaprire solo al mio rientro.

Beh...ciaone.   Ci risentiamo tra +20 gradi centigradi da oggi!

martedì 29 agosto 2017

La cena all'italiana!

...ricordando la prima cena in casa Mulder, a Salalah.

Mi dispiace risollevare il luogo comune dell'italiano purista gastronomico, ma sì, incarno perfettamente quel tipo. Mi sento, in quanto italiana all'estero, che sia mio dovere civico nonchè vocazione innata, autoproclamarmi  paladina della difesa del cibo italiano deportato nel luogo in cui mi trovo, ovunque io sia.
Io sono sicura che, per esempio, quegli spaghetti si sono risvegliati disorientati nella dispensa di casa Mulder dopo essere stati sedati e rapiti dagli scaffali di una qualsiasi ConXd di, chessò, Montebelluna, da parte della Grande Distribuzione Orgnizzata. E posso immaginare il loro schock nel ritrovarsi attorniati da barattoli di sugo di fagioli in scatola e misteriosissima 'Alfredo sauce', presentati tra l'altro da etichette vittime di un marketing degno della post perestroika. E quegli spaghetti, nella tenebra della dispensa, chiamano i loro amici: la passata di pomororini rustica, il pesto genovese d.o.p, l'olio extravergine di oliva pugliese...ma nessuno risponde.  Allora ancora incerti e pieni di domande, vengono brutalmente prelevati da una mano straniera, che fa a pezzi la loro casetta di 'cellophane' e li separa, uno a uno, dagli amici più cari..e li butta così, in una gigantesca pentola di acqua fredda, dove, come coraggiosi esploratori bianchi del secolo scorso attorniati dagli indigeni, vengono lasciati in ammollo mentre la temperatura aumenta, vivendo la tortura immeritata di una lenta cottura a morte. Impropria tra l'altro. Perchè, perchè?!
...e poi...e poi...non gigli sui loro feretri, non sugo di freschi pachino, nessuna bufalina immacolata sui loro corpi, no....la straniera, e profana, salsa di fagioli col ketchup.
Bene, appena seduti a tavola, la famiglia sudafricana fece una preghiera. Ecco io ho per lo meno apprezzato quell'atto di carità cristiana verso quella giovane sfortunata semola. Resto incerta se questo fosse davvero ciò che si siano detti, ma è così che mi piace ricordare i coraggiosi spaghetti e fargli onore.





lunedì 14 agosto 2017

Amore a prima visita. Il mio Middle East.

Il mio primo viaggio in MO fu a cavallo di agosto-settembre 2013 e una sorpresa a 360 gradi. Sentii il ragazzo di cui ero ancora innamorata, scherzando mi disse 'vieni', scherzando dissi 'sì', e quattro giorni dopo stavo atterrando a Tel Aviv. Girammo per la capitale, visitammo Gerusalemme, e insistetti come solo una donna può fare per una puntatina nel Negev, perchè non volevo perdermi per nulla al mondo la possibilità di godermi il cielo del deserto durante la notte. Purtroppo con l'oscurità miriadi di animaletti uscivano dal pietroso deserto del Negev e non fu una delle osservazioni più rilassanti che io ricordi.
Dopo una settimana di mini-tour rientrai in Italia.
...quella romantica notte nel Negev, passata a proteggerci dagli invertebrati.

Tornai poi nell'estate 2014 per 3 settimane, per partecipare ad un corso di lingua in un villaggio arabo all'interno di Israele. Si prospettava davvero come un'esperienza unica per me, poichè la sistemazione era in famiglia e io mi vedevo già ad aiutare la mamma in cucina e carpirle tutti i segreti accumulati da generazioni e generazioni per perfezionare il mio (già) best-tabbouleh-ever. Purtroppo arrivare fu molto complicato, perchè divenne un'estate molto calda anche dal punto di vista politico, quindi il mio volo proprio prima di atterrare a Tel Aviv, virò bruscamente per tornarsene ad Istanbul. Qui rimasi parcheggiata con parecchi altri passeggeri in un hotel, senza avere mai notizie precise su quando si sarebbe riaperto il traffico aereo. E qui presi anche la famosa decisione sul topic 'viaggi e bugie', dopo che vennì chiamata a gran voce dalla hall dell'albergo, mentre cenavo con i miei ormai-amici, per una chiamata del consolato che recitava così: "sua madre è molto preoccupata, per favore torni a casa.". Tre minuti dopo venni chiamata anche dall'ambasciata, perchè mia madre aveva deciso di tentare la coercizione e convincerli ad impormi il reimpatrio forzato, ottenendo però solo il risultato di spingerli ad una chiamata morale a sfondo abbastanza surreale, che a tutti gli altri presenti non italiani sembrò allucinante.
Alla fine delle due lunghe chiamate in cui giustificavo le mie scelte (perchè???) tornai al tavolo e trovai un hamburger freddo e dei commensali sbigottiti. La mamma italiana è difficile da spiegare!
Alla fine raggiunto Kfar Yasif, dove si teneva questo corso di lingua, trovai una situazione diciamo non-consona, perciò me ne andai e finii a girare da sola per il Paese per il resto delle settimane, facendo sopratutto base ad Haifa e visitando il nord del Paese.

..la mia sistemazione a Kfar Yasif...

...il mio pigiama rosicchiato a Kfar Yasif...

Haifa, Bahai temple.

chilling in Akka (San Giovanni d'Acri)

Prima di tornare in Italia, una mattina, decisi di voler assolutamente visitare Petra. Era sabato (shabat) e in Israele non c'era mezzo pubblico che funzionasse, ma grazie al super amico Firas, conosciuto pochi giorni prima sulla corriera per Nazareth, raggiunsi comunque il confine. Come fai a non amarle delle persone così?!
Arrivai quindi ad Amman, poi alla stazione sud, e da qui presi il mio minibus per Petra. Capii che il mio dress-code, seppure attento, era comunque inadeguato alla Giordania, oltre che al contesto strettamente local del minibus, per cui dal giorno successivo girai con i pantaloni del pigiama. LOL
Ritornai a Petra tre mesi dopo, per visitare meglio la Giordania con dei pantaloni più larghi. Quindi vestita come Bagonghi portai le mie copertissime chiappe dal nord al sud del Paese, e poi rientrai in Israele per raggiungere degli amici che mi ospitavano a Rishon.
Quattro mesi dopo avevo nuovamente alcuni inviti aperti in Giordania e stavo riflettendo sul da farsi. Mi tolse l'indecisione un viaggio blablacar in cui incontrai un signore che mi parlò di sua figlia che viveva ad Eilat. Stavo proprio riflettendo sul fatto che in Israele mi sarebbe piaciuto visitare Eilat, ma anche che qui non conoscevo nessuno, così, mi sembrò davvero un caso significativo incontrare questo signore. Fu come quando nel momento dell'indecisione il caso ti da una pacchetta sulla spalla e ti dice 'ma sì, dai!'. Cosa ancora più buffa scopriamo che il signore in questione è un carissimo amico d'infanzia di mia madre, e quindi mi invita assolutamente a stare dalla figlia. Ok, erano segnali sufficienti, e tornata a casa prenotai il biglietto.
Quindi nuovo giro nuova corsa: Tel Aviv, Eilat, Wadi Rum, Petra, Al-Karak, Petra, Tel Aviv and back.
E pochi giorni dopo arrivò la famosa chiamata per l'Oman, quindi iniziò la nuova epopea.


Vorrei raccontare dei miei viaggi, ovviamente conditi da bizzarrie continue, da cui pare io sia bersagliata, ma questo blog è sull'Oman. Allora mi mi limiterò ad allegare qualche foto:


...lo sapete dove...La prima volta che misi piede in Giordania fu quasi per sbaglio. Era luglio 2014 ed ero rimasta bloccata ad Istanbul, aspettando che riaprissero i voli per Tel Aviv (da cui dovevo raggiungere la sede del mio corso estivo di arabo). Ogni sera si tenevano nella hall dell'hotel dove noi tutti passeggeri eravamo confinati, in attesa di novità, lunghe sessioni di brain-stormng collettivo, per capire come andarcene da lì e raggiungere la meta.
Infine io e due baldi nuovi amici, decidiamo di volare ad Amman, e passare il confine via terra, per il valico più settentrionale.
Fu così che decisi (foto prova) che prima di rientrare in Italia sarei tornata in Giordania con più calma per visitare Petra, che sognavo da quando ero piccola di vedere...ci tornai altre 3 volte nei due anni successivi.


...c'erano una tedesca, un portoghese ed un'italiana, che aspettavano l'apertura del confine giordano-israeliano, dopo una notte insonne all'aeroporto, una toilette mattutina ai lavandini del bagno pubblico in mezzo a donne parecchio coperte e distinte e un caffè turco bevuto all'alba con alle spalle la Giordania e davanti a loro Israele. L'italiana è quella avvolta nella copertina turchese della Turkish Airlines.











Se non hai mai dormito in una grotta in mezzo a una famiglia di beduini russanti, non sei mai stato in Giordania.

tra...monti nella valle di Mosè.

Non ero in Giordania, ci sarei andata quella sera. Ero al mare con gli amici e non volevo la foto con lui...io e la mia amica di Eilat (che ho tagliato per privacy e i cui rimangono i capelli), volevamo ci scattasse una foto insieme, ma egli non ha capito.  E in fondo gli uomini arabi sono spesso delle primedonne.



















...svegliarsi così...seppure alle sette del mattino ed in un bagno di sudore...ha pur sempre il suo fascino.  Wadi Rum.
...quando si dice "non c'era un cane".
Petra...e ci sentiamo tutti un po' Indiana Jones con il minimo sforzo...




...cosa mi piace dei Paesi arabi?!  La calma.
Fumare un'arghila tutti insieme, la cui testina è stata ricavata intagliando una mela, e sorseggiando te che si scalda pacioso sulle braci e non sul fornello a gas...con calma.
Certo anche la doccia con calma, perchè non essendoci pressione dovevo lavarmi riempiendo un secchio di acqua...ma sai cosa...la calma aggiunge valore a qualsiasi gesto, in ogni caso.
Questa gentilissima fmiglia di Al-Karak, che mi ha ospitata per 3 gg, si era però purtroppo dimenticata di dirmi che il water era rotto. La scenetta di me che sbarro l'accesso al bagno dichiarando con solennità e cercando di incutere timore "io sono un ingegnere", sperando di riuscire a risolvere il problema da sola, mentre il fratello maggiore mi cercava di infilare dentro la sorella per aiutarmi...me la ricorderò a lungo. Purtroppo anche loro.


Al Aqsa, Gerusalemmme.
Haifa, "la sposa del mare", brilla come una lucciola vista da Acri vecchia.
                         Yafa, addio al nubilato.       
Quel manaqish mangiato al volo con Firas, mentre fuori gli facevano la multa ahimè. Il manaqish è una pizzetta fatta del tipico pane arabo, su cui sopra si spalma il golosissimo e famosissimo (sopratutto a Nazareth) za'tar. Googleggiate ragazzi, googleggiate.

Pescatori sulle mura di Akka (San Giovanni d'Acri).


martedì 11 luglio 2017

Viaggi e bugie..una piccola riflessione.

Non era la prima volta che mi vedevo costretta dalle circostanze -sempre colpa di queste cattivone delle circostanze- ad accampare strane scuse per viaggiare. E quella del matrimonio è un ever-green, ma non è l'unica.
Mi ricordo quando, mentre sorseggiavo un te alla menta a Yafa (Tel Aviv), mia madre mi chiama e mi chiede come fosse il tempo ad Auronzo di Cadore. Purtroppo  mi chiama alle 18.30 quando il "muezzin" inizia a chiamare a gran voce in moschea. ...prtroppo chiusi...ehm...cadde immediatamente la linea!   ...a quel punto non credette più al fatto che ci dovessimo sentire su wapp perchè non c'era campo a casa del mio amico Federico, che gentilmente mi ospitava nella sua casa di montagna.
Oppure mi ricordo di quando dovevo essere ad un altro matrimonio in Giordania, ed invece ero a dormire in una grotta.  Lo puoi dire a tua madre "Mamma non ti preoccupare, starò con della gente che non conosci e non conosco benissimo nemmeno io, dormirò all'addiaccio dove capita, non ho mezzo programma ma so che starò benissimo, e non so neanche quando torno, perchè c'è questa nuova opzione fighissima dell' Easy J, per cui ho comprato un biglietto senza data. Ciao nè, a presto, o forse no." NO...non lo puoi dire.
Allora sì, a volte mentire in questa vita è necessario, per fare tutti contenti, e sopratutto quando vuoi tutelare allo stesso modo te stesso e gli altri, senza penalizzare nessuno. La sincerità, a volte, è la scelta di chi non ha voglia di avere grane, non di chi è più buono, perchè la nostra sincerità ha delle conseguenze sugli altri. Lo stesso vale per un'eccessiva arrendevolezza, che ha delle conseguenze sud i noi.
Dopo essere andata, come sempre con la famiglia contro, in Israele a fare un corso estivo di lingua araba in un'estate diciamo non proprio fortunata per il Paese (sì ma, per quale dei due?!), e aver passato quasi ogni giorno a rispondere alle stesse domande "dove sei, cosa fai, con chi sei, dove dormi?", ogni giorno...con risposte tra l'altro quasi sempre uguali. Dopo aver notato che le tre settimane sono state rese molto più difficili di come potessero essere per me e per loro, e aver capito l'incapacità di gestire certe situazioni, ho deciso che non fosse giusto nè dare loro pesi di questo tipo, nè per me non poter vivere bene le mie scelte.
A mia discolpa, mentivo solo prima e durante le mie trasferte, mentre al rientro portavo sempre graziosi, ed autentici, souvenir. E solo e soltanto perchè le mie mete generavano spesso apprensione, e quindi, infine, si trattava ancora una volta di altruismo. Con questa cosa dell'altruismo ho raccontato palle a mezzo mondo, ma vabbè.
La realtà è che più di metà delle rinunce nella mia vita sono state dettate da uno stupidissimo senso di integrità morale verso quelli che alla fine sono solo i capricci degli altri. Non ci può essere comprensione se non c'è sincerità, ma non può esserci sincerità se non c'è comprensione.
In un mondo perfetto, le mie bugie non sarebbero mai state necessarie, così come nemmeno le mie rinunce una volta. Non era giusto come era prima, non è giusto come è adesso, alla fine non è giusto mai, ma ora è meno ingiusto, visto da qui.
La responsabilità morale verso me stessa ha lo stesso peso della responsabilità morale verso gli altri.
Sono nata con un' indole e delle passioni, e sono un dono che mi è stato dato, al pari della possibilità di seguirle. Anche questa è una responsabilità morale, verso chi mi ha fatta come sono, e non parlo per forza solo di mia madre.


Allego qualche foto di quella volta che andai ad Auronzo di Cadore:


                                                                       YAFA




Yafa secondo Wikipedia: "Durante il Medioevo si trattava del principale porto della Palestina, usato dai mercnti europei. I Veneziani avevano creato nel tardo Medioevo un servizio di galee di linea tra Venezia e Yafa per il trasporto dei pellegrini europei che desideravano recarsi in pellegrinaggio in Terrasanta."


Yafa secondo me: Yaffa è dove non manco mai d'andare quando metto piede in quel Paese, e l'unica zona di Tel Aviv dove mi sento felice. Le bancarelle, il traffico un pochino più lento, la storia che si dispiega piano piano, il mare, i profumi...quel clima mediterraneo, a tinte forti e romantico insieme, che fa sentire a casa noi terroni ovunque nel Mondo.
Pronto?! ciao mamma...


centrifughe di frutta fresca ovunque in Medioriente...perchè qui no?!

sabato 31 ottobre 2015

Hallowen sulla mia scopa modello 'Airbus 320'. Mascherina preferita: il bandolero stanco.

...bene, ero lì che impacchettavo in tutta fretta cercando di portare con me quanto più shampoo possibile, e cercando di prendere il volo delle 20...e qualcuno mi fece un bel 'toc toc' alla porta.
Una passata rapida con la mano per togliere il sudore salalese dalla fronte e 'siiiiì, chi è?!?'.

La mia ospite (questa volta ero ostaggio nella casa della segretaria dell'ufficio), mi passa al telefono il caro Y., che esordisce con 'tu non vai da nessuna parte!'. Ohibò, innanzitutto essere interrotta nell'atto di preparare una valigia mi fa perdere il conto del 'ce 'ho, non ce l'ho'; e secondariamente la minaccia proprio non me l'aspettavo.
Mata Hari (chiameremo ora così la segretaria) aveva fatto il doppio gioco, dando a me una pacca sulla spalla ma chiamando il boss non appena fossi entrata in camera mia ad impacchettare, e millantando che stessi scappando in Italia per sempre. Mentre io volevo solo mettermi in salvo a Muscat finchè il ciclone se ne fosse andato dal sud.

Quindi, passo due ore ad impacchettare sempre più velocemente, tipo robot, sperando che il boss non mi si presentasse a casa con due scagnozzi ed una testa di cammello. In quel momento la mia fantasia si sbizzarrì a più non posso sul possibile finale di quella giornata. Ce la farò ad andarmene o resterò qui e verrò falcidiata dal ciclone?! Verrò prelevata da Y. e lasciata in una grotta di cui verrà sigillata l'entrata o i pirati di mia zia verranno a salvarmi?! Chi sono i buoni e chi sono i cattivi in questa storia?! E sopratutto...riuscirò a portarmi via tutto il mio prezioso shampoo?!
Non c'erano domande nè risposte plausibili.
L'unica verità era Y. inkazzatissimo che mi minacciava, io bloccata senza macchina a casa di Mata Hari, io che non avevo contante e non potevo pagare i taxi con il POS eppure avevo un fottuxissimo bisogno di andarmene urgentemente da lì, e l'ambasciata di Muscat che era stata allertata della situazione e mi esortava a raggiungere l'aeroporto il più velocemente possibile.
Un bel casino, dopo nemmeno venti giorni!

Due amici italiani mi vennero in soccorso un' ora dopo e diedero uno strappo all'aeroporto. Mi ricordo quell'attesa, sui gradini della casa di Mata Hari, col terrore di veder spuntare una delle macchine di Y. anzichè la macchina degli connazionali, fumando ininterrottamente e spiegando in italiano ai gatti del giardino che le mie intenzioni erano state travisate.
Una volta caricate le mie valigie sulla jeep degli italiani iniziò a scendere l'adrenalina.
Salutai tanto Carl, che era di certo tra i buoni (forse da solo), e gli lasciai la mia arghila rosso Ferrari come ricordo. Quella che avevamo fumato insieme sul tetto in una delle poche mie belle serate a Salalah.
Salutai anche il pappagallo che era un tipo educato e rispose.


Mi imbarco quindi finalmente per Muscat, dove mi sarebbe dovuto venire a ritirare Hassan, il mio unico contatto in loco, conosciuto tramite il sito workaway.

Una nota su questo sito: è utilissimo! Se viaggi in Paesi dove non conosci nessuno, ti da l'opportunità di fare parte di un progetto privato, come volontario, in cambio di vitto ed alloggio (spesso solo alloggio), ma anche e sopratutto in cambio di una full immersion nel tessuto culturale e sociale del Paese in cui sei. Una prima  infarinatura insomma, per capire la to-do and not-to-do list del posto e farsi degli amici, prima di poter volare fuori dal nido al sicuro.

Il progetto privato di Hassan non era molto chiaro, ma lui era sempre stato disponibile, parlava un ottimo inglese, e sopratutto....aveva delle buonissime recensioni. LOL
Nell'era dei social, è  così che funziona.

Questo Hallowen 2015, vede quindi questa streghetta in volo su una scopa a reazione, verso una nuova avventura...e la mascherina del giorno è il Bandolero Stanco, che per fortuna, in quanto tale...non venne mai a impedire il mio allontanamento. Alla fine anche per questo mi piacciono gli omaniti, sono un popolo tranquillo e sopratutto, cascasse il mondo o scappasse l'italiana, non salterebbero maimaimai la siesta pomeridiana.

Chiaro è che non sapendo più chi fossero i buoni e chi i cattivi, io a Salalah non ci sarei mai più ritornata.

Chapala: un ciclone con il senso dell'umorismo.


La mia villeggiatura a casa Mulder durò tre giorni appena.
Difatti, da voci di corridoio, appresi che un certo ciclone 'Chapala', si aggirava sull'Oceano Indiano, puntando dritto dritto verso Salalah, e lasciando intuire dalle presentazioni di non avere nessuna intenzione di schivarci. Ci avrebbe inoltre, non ultimo, falcidiati con tono dichiaratamente canzonatorio.
La situazione peggiorò quando, per uno strano scherzo del destino che ancora non comprendo, mentre scrivo su Viber al mio amico Nicola 'Mi sto cXndo in mano, sta per arrivare un ciclone di categoria 5!', il software decide di switchare rapido la rubrica sotto al mio dito indice in caduta libera su 'invia', e spedire così il suddetto messaggio a un tale 'Papino'...che si allarma non poco.
I giorni successivi furono un po' strani: la gente diceva di essere certa che il ciclone ci avrebbe schivati, ma intanto in due giorni i supermercati furono svuotati, e le dispense dei 'Salalesi' riempite di scorte ed i frigoriferi vennero portati ai piani superiori, con tutte le cose più importanti, sopratutto generatori elettrici, bombole del gas, e svariati boccioni di acqua.

...il vento cominciava a salire, le nuvole ad addensarsi, e la massima rassicurazione da me ricevuta fino a quel momento era stata 'Dio ci proteggerà'.
Io sono credente, ma la mia risposta silenziosa in questi casi è sempre la stessa: 'Dio ti ha già protetto avvertendoti, il resto è un problema tuo.'
Insomma ero lì, a Salalah sulla costa sud, col ciclone in poppa, senza possibilità di andare a riparare in un punto più alto, perchè sulle montagne c'erano solo abitazioni private, e senza nemmeno una macchina per allontanarmi minimamente dallo sfacelo.
Nonostante il ciclone in arrivo e le barche al riparo, quindi nulla da fare al lavoro, Y. continuava a volere tutti (tranne me per fortuna) nella Marina la mattina alle sette e mezza, a 5 metri dal mare...non si capisce bene per quale motivo, se non per mettere a rischio la nostra sicurezza, vista la vicinanza al mare e visti i vari wadi da attraversare per arrivare al lavoro.

Quella sera Carl bussò alla mia porta come sempre, ed entrando mi vide cercare informazioni sull' amico Chapala. Allora, si sedette vicino a me e continuò a ripetermi 'dont worry we are safe', guardandomi dritto negli occhi. Il fatto che io mi sentissi davvero al sicuro quando Carl mi guardava, sapevo non avere nulla a che fare con la sua effettiva possibilità di fermare il ciclone a mani nude. Quindi nonostante io fossi incantata dal coro di angeli e violini celestiali che risuonavano ad ogni sua sillaba, gli dovetti semplicemente rispondere, con freddo calcolo, che il ciclone era di categoria 5, ovvero il non plus ultra. Ma l'ottimismo di Carl non veniva minimamente scalfito da nessuna delle mie argomentazioni.
Decidemmo che la cosa migliore che potessimo fare a quel punto fosse uscire a fumarci una sigaretta. Mi ricordo che Carl dava le spalle alla strada, ed io alla casa..e mi ricordo i fari delle auto, in lontananza, all'altezza delle orecchie di Carl. A quel punto realizzo che la casa è costruita all'interno di un grandissimo wadi (letto di fiume, valle), e lo comunico a Carl, che per la prima volta vacilla, mi appoggia le mani sulle spalle e scivola così, dopo tre giorni: 'you are right, we are not safe.'

La mattina dopo volavano cose nella via...cose varie, cose leggere per ora. Io decido di telefonare al mio unico contatto di Muscat, capitale dell'Oman, nel nord del Paese e ben lontano dalla costa sud, per chiedere un consiglio spassionato. La sua risposta fu quella di comprarmi l'ultimo biglietto rimasto per andarmene la sera stessa e dirmi 'mi ridarai i soldi del biglietto quando sei qui, ma il mio consiglio e di andare via il prima possibile, se arriva lì finisce male.' Eloquentissimo!
E rassicurantissimo se paragonato all'unico altro consiglio ricevuto dai locali, questa volta dal mio amico Saif del Sud: 'non ti preoccupare, vieni con la mia famiglia, noi ci nascondiamo nelle grotte.'

Quindi mentre l'isola di Al Hallaniyah viene evacuata e l'esercito si prepara via terra e via mare...io inizio a preparare le valigie.

Al Mughsayl, stranamente nuvolosa, a una settimana dalla presunta collisione col Chapala.

Marito e moglie passeggiano ad Al Mughsayl

Al Mughsayl: lungo la costa sud dell'Oman, spostandosi di poco da Salalah verso ovest, il sito di Al Mughsayl è visitato per l'indiscutibile bellezza scenografica del luogo e della sua passeggiata, e per la presenza di 'geyser' marini, decisamente suggestivi se la marea ci si mette di impegno.

...qualche buchino nella roccia lo si vede, ma purtroppo niente spruzzi di acqua in questa foto. Si vedono invece queste donne indiane avvolte in stoffe meravigliose. La popolazione dell'Oman è costituita per quasi il 15% da indiani, e la percentuale di expats in genere è circa del 47%. Un paese in cui è impossibile non sapersi relazionare con culture diverse. Un regno in continua costruzione ed evoluzione, che si avvale di capitale umano proveniente sia dai Paesi che da sempre hanno avuto a che fare con questa terra, tra i quali l'India, sia dai Paesi occidentali. E' normale per gli Omaniti avere qualche amico straniero tra le proprie conoscenze. Sopratutto e sicuramente a Muscat!






mercoledì 28 ottobre 2015

Le mie giornate mescolando caffè.

Il rientro fu come segue:

mentre il mio unico amico omanita mi portava in ufficio sul suo taxi, dopo una notte passata insonne cambiando tre voli, ricevevo un sms da MrC. Senza giri di parole, ma con aulici voli pindarici di ingiurie, denotanti una fantasia degna dell'invidia di Publio Ovidio Nasone, mi informava che il povero Carl, di cui vi parlerò, mi aspettava da ore all'aeroporto, qui inviato da lui per raccattarmi ad un randomico orario selezionato dal sacchetto della tombola, e senza avvertirmene, mentre io mi ero già organizzata con Saif. Inoltre mi dava nota del fatto che tutte le mie cose erano state da lui reimpacchettate -immagino la cura- nelle mie valigie e mi attendevano in ufficio, e che quella sera avrei dormito ospite in una nuova casa, senza precisare bene di quale dimora si trattasse questa seconda volta.

Bentornata in Oman, avvolta dall' ammmore.

Rassicurata dal messaggio di benvenuto sul fatto di non potermi neanche fare una doccia o cambiarmi i vestiti, entravo serrando le ascelle nel gelido ufficio ed aspettavo il rientro del povero Carl, per scusarmi del disguido, di cui ovviamente non avevo colpa.

Carl merita una parentesi a se stante. Dovreste immaginarvi una specie di grande orso buono, tutto carino e da coccolare, che dice sempre di sì, non si lamenta mai, non è mai stanco, ed è anche incredibilmente incredibilmente bello.
Questo essere metafisico e sudafricano viveva con la famiglia della segretaria dell'ufficio, anch'essi sudafricani, e sarebbe stato il mio coinquilino nella famigerata utopica casa in cui sarei dovuta risiedere, e che quella sera avremmo visitato insieme. Si occupava di accompagnare i turisti nelle battute di pesca, che duravano parecchie ore: sfidava i pirati di mia zia così, impavido, in mare aperto, armato solo del suo scintillante sorriso a 32 denti, di due infradito di gomma e di un fucile subacqueo. E, non ultimo, ci portava in ufficio del delizioso pesce per pranzo, che faceva cucinare dallo chef del vicino resort a 5 stelle, il quale in cambio si teneva il resto del pescato.
Insomma, mi pare chiaro da come ne parlo, in quel marasma di disequilibri, Carl, con il suo invincibile sorriso, era il mio eroe. Lui galleggiava sopra agli sbalzi di umore, l'inaffidabilità e l'arroganza della fauna umana circostante, come una goccia d'olio sull'acqua, senza che la sua natura speciale ne venisse minimamente intaccata.

Quindi io sono nell'ufficio che aspetto Carl, appena tornata dalla Giordania ed insonne, e per passare il tempo, visto che come al solito non ho nulla da fare, preparo caffè per chiunque entri, per tenermi un minimo impegnata ed avere la scusa per alzarmi da quella sedia, che ormai aveva la forma del mio sedere ingrassato a suon di shawarma e sedentarietà. Indaffaratissima a preparare caffè, e sempre attentissima a tenere le ascelle ben serrate, chiacchiero con la segretaria e scopro che non mi danno mai nulla da fare nonostante le mie suppliche di rendermi utile, perchè MrC. gli ha raccontato che lavoravo da anni nel turismo (chi, io!?!?), e quindi credevano sapessi da sola come gestire il lavoro. Vabbè, passiamogliela.  Intanto tra un caffè e l'altro scopro anche il vero motivo per cui mi chiamarono urgentemente in Oman e per cui io in fin dei conti io ero lì in quel momento, nel loro gelido ufficio, con una sciarpa arrotolata attorno alla testa per proteggermi dall'aria condizionata, la muffa sotto alle ascelle, stanca, senza una casa, e con tutti i miei averi impacchettati da qualcun altro alle mie spalle: la segretaria doveva assentarsi da lì a poco per il matrimonio della figlia in Sudafrica, e loro avevano urgentissimo bisogno di una sostituta, individuata in me, scordandosi di dirmelo però. Ecco perchè io non ero ancora riuscita a salire su di una barca...perchè non era lì che in realtà sarei servita nel periodo successivo. Quindi niente delfini davanti a me, solo numeretti e la tastiera del pc, almeno per il mese a venire. E la mia incXzXura cresce, come la schiuma del nescafè che mescolo con sempre maggiore veemenza con un sorriso che piano piano si va trasformando in una paresi isterica.

Sempre più convinta quindi a non firmare il loro visto di lavoro ed andarmene, parlo con il buon Y., il proprietario della società, che in fondo mi stava pure molto simpatico, e gli dico che mi sarei fermata per aiutarli finchè non fosse rientrata M. dal Sudafrica, visto che ne avevano bisogno, ma poi me ne sarei andata. Alea iacta est!
In quello, si apre la porta ed entra Carl, avvolto dal solito un fascio di luce e coro di angeli, e la conversazione proseguì tra loro due.
Il pomeriggio corse veloce, complici forse anche i suffumigi alla caffeina, e la sera di quel giorno mi trasferii a dormire a casa della famiglia sudafricana, con Carl...dove vidi fare per cena le più terribili angherie ad una manciata di spaghetti indifesi.

Mi dispiace risollevare il luogo comune dell'italiano purista gastronomico, ma sì, incarno perfettamente quel tipo. Mi sento, in quanto italiana all'estero, che sia mio dovere civico nonchè vocazione innata, autoproclamarmi  paladina della difesa del cibo italiano deportato nel luogo in cui mi trovo, ovunque io sia.
Io sono sicura che, per esempio, quegli spaghetti si sono risvegliati disorientati nella dispensa di casa Mulder dopo essere stati sedati e rapiti dagli scaffali di una qualsiasi ConXd di, chessò, Montebelluna, da parte della Grande Distribuzione Orgnizzata. E posso immaginare il loro schock nel ritrovarsi attorniati da barattoli di sugo di fagioli in scatola e misteriosissima 'Alfredo sauce', presentati tra l'altro da etichette vittime di un marketing degno della post perestroika. E quegli spaghetti, nella tenebra della dispensa, chiamano i loro amici: la passata di pomororini rustica, il pesto genovese d.o.p, l'olio extravergine di oliva pugliese...ma nessuno risponde.  Allora ancora incerti e pieni di domande, vengono brutalmente prelevati da una mano straniera, che fa a pezzi la loro casetta di 'cellophane' e li separa, uno a uno, dagli amici più cari..e li butta così, in una gigantesca pentola di acqua fredda, dove, come coraggiosi esploratori bianchi del secolo scorso, attorniati dagli indigeni, vengono lasciati in ammollo mentre la temperatura aumenta, vivendo la tortura immeritata di una lenta cottura a morte. Impropria tra l'altro. Perchè, perchè?!
...e poi...e poi...non gigli sui loro feretri, non sugo di freschi pachino, nessuna bufalina immacolata sui loro corpi, no....la straniera, e profana, salsa di fagioli col ketchup.
Bene, appena seduti a tavola, la famiglia sudafricana fece una preghiera. Ecco io ho per lo meno apprezzato quell'atto di carità cristiana verso quella giovane sfortunata semola. Resto incerta se questo fosse davvero ciò che si siano detti, ma è così che mi piace ricordare i coraggiosi spaghetti e fargli onore.