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sabato 31 ottobre 2015

Hallowen sulla mia scopa modello 'Airbus 320'. Mascherina preferita: il bandolero stanco.

...bene, ero lì che impacchettavo in tutta fretta cercando di portare con me quanto più shampoo possibile, e cercando di prendere il volo delle 20...e qualcuno mi fece un bel 'toc toc' alla porta.
Una passata rapida con la mano per togliere il sudore salalese dalla fronte e 'siiiiì, chi è?!?'.

La mia ospite (questa volta ero ostaggio nella casa della segretaria dell'ufficio), mi passa al telefono il caro Y., che esordisce con 'tu non vai da nessuna parte!'. Ohibò, innanzitutto essere interrotta nell'atto di preparare una valigia mi fa perdere il conto del 'ce 'ho, non ce l'ho'; e secondariamente la minaccia proprio non me l'aspettavo.
Mata Hari (chiameremo ora così la segretaria) aveva fatto il doppio gioco, dando a me una pacca sulla spalla ma chiamando il boss non appena fossi entrata in camera mia ad impacchettare, e millantando che stessi scappando in Italia per sempre. Mentre io volevo solo mettermi in salvo a Muscat finchè il ciclone se ne fosse andato dal sud.

Quindi, passo due ore ad impacchettare sempre più velocemente, tipo robot, sperando che il boss non mi si presentasse a casa con due scagnozzi ed una testa di cammello. In quel momento la mia fantasia si sbizzarrì a più non posso sul possibile finale di quella giornata. Ce la farò ad andarmene o resterò qui e verrò falcidiata dal ciclone?! Verrò prelevata da Y. e lasciata in una grotta di cui verrà sigillata l'entrata o i pirati di mia zia verranno a salvarmi?! Chi sono i buoni e chi sono i cattivi in questa storia?! E sopratutto...riuscirò a portarmi via tutto il mio prezioso shampoo?!
Non c'erano domande nè risposte plausibili.
L'unica verità era Y. inkazzatissimo che mi minacciava, io bloccata senza macchina a casa di Mata Hari, io che non avevo contante e non potevo pagare i taxi con il POS eppure avevo un fottuxissimo bisogno di andarmene urgentemente da lì, e l'ambasciata di Muscat che era stata allertata della situazione e mi esortava a raggiungere l'aeroporto il più velocemente possibile.
Un bel casino, dopo nemmeno venti giorni!

Due amici italiani mi vennero in soccorso un' ora dopo e diedero uno strappo all'aeroporto. Mi ricordo quell'attesa, sui gradini della casa di Mata Hari, col terrore di veder spuntare una delle macchine di Y. anzichè la macchina degli connazionali, fumando ininterrottamente e spiegando in italiano ai gatti del giardino che le mie intenzioni erano state travisate.
Una volta caricate le mie valigie sulla jeep degli italiani iniziò a scendere l'adrenalina.
Salutai tanto Carl, che era di certo tra i buoni (forse da solo), e gli lasciai la mia arghila rosso Ferrari come ricordo. Quella che avevamo fumato insieme sul tetto in una delle poche mie belle serate a Salalah.
Salutai anche il pappagallo che era un tipo educato e rispose.


Mi imbarco quindi finalmente per Muscat, dove mi sarebbe dovuto venire a ritirare Hassan, il mio unico contatto in loco, conosciuto tramite il sito workaway.

Una nota su questo sito: è utilissimo! Se viaggi in Paesi dove non conosci nessuno, ti da l'opportunità di fare parte di un progetto privato, come volontario, in cambio di vitto ed alloggio (spesso solo alloggio), ma anche e sopratutto in cambio di una full immersion nel tessuto culturale e sociale del Paese in cui sei. Una prima  infarinatura insomma, per capire la to-do and not-to-do list del posto e farsi degli amici, prima di poter volare fuori dal nido al sicuro.

Il progetto privato di Hassan non era molto chiaro, ma lui era sempre stato disponibile, parlava un ottimo inglese, e sopratutto....aveva delle buonissime recensioni. LOL
Nell'era dei social, è  così che funziona.

Questo Hallowen 2015, vede quindi questa streghetta in volo su una scopa a reazione, verso una nuova avventura...e la mascherina del giorno è il Bandolero Stanco, che per fortuna, in quanto tale...non venne mai a impedire il mio allontanamento. Alla fine anche per questo mi piacciono gli omaniti, sono un popolo tranquillo e sopratutto, cascasse il mondo o scappasse l'italiana, non salterebbero maimaimai la siesta pomeridiana.

Chiaro è che non sapendo più chi fossero i buoni e chi i cattivi, io a Salalah non ci sarei mai più ritornata.

Chapala: un ciclone con il senso dell'umorismo.


La mia villeggiatura a casa Mulder durò tre giorni appena.
Difatti, da voci di corridoio, appresi che un certo ciclone 'Chapala', si aggirava sull'Oceano Indiano, puntando dritto dritto verso Salalah, e lasciando intuire dalle presentazioni di non avere nessuna intenzione di schivarci. Ci avrebbe inoltre, non ultimo, falcidiati con tono dichiaratamente canzonatorio.
La situazione peggiorò quando, per uno strano scherzo del destino che ancora non comprendo, mentre scrivo su Viber al mio amico Nicola 'Mi sto cXndo in mano, sta per arrivare un ciclone di categoria 5!', il software decide di switchare rapido la rubrica sotto al mio dito indice in caduta libera su 'invia', e spedire così il suddetto messaggio a un tale 'Papino'...che si allarma non poco.
I giorni successivi furono un po' strani: la gente diceva di essere certa che il ciclone ci avrebbe schivati, ma intanto in due giorni i supermercati furono svuotati, e le dispense dei 'Salalesi' riempite di scorte ed i frigoriferi vennero portati ai piani superiori, con tutte le cose più importanti, sopratutto generatori elettrici, bombole del gas, e svariati boccioni di acqua.

...il vento cominciava a salire, le nuvole ad addensarsi, e la massima rassicurazione da me ricevuta fino a quel momento era stata 'Dio ci proteggerà'.
Io sono credente, ma la mia risposta silenziosa in questi casi è sempre la stessa: 'Dio ti ha già protetto avvertendoti, il resto è un problema tuo.'
Insomma ero lì, a Salalah sulla costa sud, col ciclone in poppa, senza possibilità di andare a riparare in un punto più alto, perchè sulle montagne c'erano solo abitazioni private, e senza nemmeno una macchina per allontanarmi minimamente dallo sfacelo.
Nonostante il ciclone in arrivo e le barche al riparo, quindi nulla da fare al lavoro, Y. continuava a volere tutti (tranne me per fortuna) nella Marina la mattina alle sette e mezza, a 5 metri dal mare...non si capisce bene per quale motivo, se non per mettere a rischio la nostra sicurezza, vista la vicinanza al mare e visti i vari wadi da attraversare per arrivare al lavoro.

Quella sera Carl bussò alla mia porta come sempre, ed entrando mi vide cercare informazioni sull' amico Chapala. Allora, si sedette vicino a me e continuò a ripetermi 'dont worry we are safe', guardandomi dritto negli occhi. Il fatto che io mi sentissi davvero al sicuro quando Carl mi guardava, sapevo non avere nulla a che fare con la sua effettiva possibilità di fermare il ciclone a mani nude. Quindi nonostante io fossi incantata dal coro di angeli e violini celestiali che risuonavano ad ogni sua sillaba, gli dovetti semplicemente rispondere, con freddo calcolo, che il ciclone era di categoria 5, ovvero il non plus ultra. Ma l'ottimismo di Carl non veniva minimamente scalfito da nessuna delle mie argomentazioni.
Decidemmo che la cosa migliore che potessimo fare a quel punto fosse uscire a fumarci una sigaretta. Mi ricordo che Carl dava le spalle alla strada, ed io alla casa..e mi ricordo i fari delle auto, in lontananza, all'altezza delle orecchie di Carl. A quel punto realizzo che la casa è costruita all'interno di un grandissimo wadi (letto di fiume, valle), e lo comunico a Carl, che per la prima volta vacilla, mi appoggia le mani sulle spalle e scivola così, dopo tre giorni: 'you are right, we are not safe.'

La mattina dopo volavano cose nella via...cose varie, cose leggere per ora. Io decido di telefonare al mio unico contatto di Muscat, capitale dell'Oman, nel nord del Paese e ben lontano dalla costa sud, per chiedere un consiglio spassionato. La sua risposta fu quella di comprarmi l'ultimo biglietto rimasto per andarmene la sera stessa e dirmi 'mi ridarai i soldi del biglietto quando sei qui, ma il mio consiglio e di andare via il prima possibile, se arriva lì finisce male.' Eloquentissimo!
E rassicurantissimo se paragonato all'unico altro consiglio ricevuto dai locali, questa volta dal mio amico Saif del Sud: 'non ti preoccupare, vieni con la mia famiglia, noi ci nascondiamo nelle grotte.'

Quindi mentre l'isola di Al Hallaniyah viene evacuata e l'esercito si prepara via terra e via mare...io inizio a preparare le valigie.

Al Mughsayl, stranamente nuvolosa, a una settimana dalla presunta collisione col Chapala.

Marito e moglie passeggiano ad Al Mughsayl

Al Mughsayl: lungo la costa sud dell'Oman, spostandosi di poco da Salalah verso ovest, il sito di Al Mughsayl è visitato per l'indiscutibile bellezza scenografica del luogo e della sua passeggiata, e per la presenza di 'geyser' marini, decisamente suggestivi se la marea ci si mette di impegno.

...qualche buchino nella roccia lo si vede, ma purtroppo niente spruzzi di acqua in questa foto. Si vedono invece queste donne indiane avvolte in stoffe meravigliose. La popolazione dell'Oman è costituita per quasi il 15% da indiani, e la percentuale di expats in genere è circa del 47%. Un paese in cui è impossibile non sapersi relazionare con culture diverse. Un regno in continua costruzione ed evoluzione, che si avvale di capitale umano proveniente sia dai Paesi che da sempre hanno avuto a che fare con questa terra, tra i quali l'India, sia dai Paesi occidentali. E' normale per gli Omaniti avere qualche amico straniero tra le proprie conoscenze. Sopratutto e sicuramente a Muscat!






mercoledì 28 ottobre 2015

Le mie giornate mescolando caffè.

Il rientro fu come segue:

mentre il mio unico amico omanita mi portava in ufficio sul suo taxi, dopo una notte passata insonne cambiando tre voli, ricevevo un sms da MrC. Senza giri di parole, ma con aulici voli pindarici di ingiurie, denotanti una fantasia degna dell'invidia di Publio Ovidio Nasone, mi informava che il povero Carl, di cui vi parlerò, mi aspettava da ore all'aeroporto, qui inviato da lui per raccattarmi ad un randomico orario selezionato dal sacchetto della tombola, e senza avvertirmene, mentre io mi ero già organizzata con Saif. Inoltre mi dava nota del fatto che tutte le mie cose erano state da lui reimpacchettate -immagino la cura- nelle mie valigie e mi attendevano in ufficio, e che quella sera avrei dormito ospite in una nuova casa, senza precisare bene di quale dimora si trattasse questa seconda volta.

Bentornata in Oman, avvolta dall' ammmore.

Rassicurata dal messaggio di benvenuto sul fatto di non potermi neanche fare una doccia o cambiarmi i vestiti, entravo serrando le ascelle nel gelido ufficio ed aspettavo il rientro del povero Carl, per scusarmi del disguido, di cui ovviamente non avevo colpa.

Carl merita una parentesi a se stante. Dovreste immaginarvi una specie di grande orso buono, tutto carino e da coccolare, che dice sempre di sì, non si lamenta mai, non è mai stanco, ed è anche incredibilmente incredibilmente bello.
Questo essere metafisico e sudafricano viveva con la famiglia della segretaria dell'ufficio, anch'essi sudafricani, e sarebbe stato il mio coinquilino nella famigerata utopica casa in cui sarei dovuta risiedere, e che quella sera avremmo visitato insieme. Si occupava di accompagnare i turisti nelle battute di pesca, che duravano parecchie ore: sfidava i pirati di mia zia così, impavido, in mare aperto, armato solo del suo scintillante sorriso a 32 denti, di due infradito di gomma e di un fucile subacqueo. E, non ultimo, ci portava in ufficio del delizioso pesce per pranzo, che faceva cucinare dallo chef del vicino resort a 5 stelle, il quale in cambio si teneva il resto del pescato.
Insomma, mi pare chiaro da come ne parlo, in quel marasma di disequilibri, Carl, con il suo invincibile sorriso, era il mio eroe. Lui galleggiava sopra agli sbalzi di umore, l'inaffidabilità e l'arroganza della fauna umana circostante, come una goccia d'olio sull'acqua, senza che la sua natura speciale ne venisse minimamente intaccata.

Quindi io sono nell'ufficio che aspetto Carl, appena tornata dalla Giordania ed insonne, e per passare il tempo, visto che come al solito non ho nulla da fare, preparo caffè per chiunque entri, per tenermi un minimo impegnata ed avere la scusa per alzarmi da quella sedia, che ormai aveva la forma del mio sedere ingrassato a suon di shawarma e sedentarietà. Indaffaratissima a preparare caffè, e sempre attentissima a tenere le ascelle ben serrate, chiacchiero con la segretaria e scopro che non mi danno mai nulla da fare nonostante le mie suppliche di rendermi utile, perchè MrC. gli ha raccontato che lavoravo da anni nel turismo (chi, io!?!?), e quindi credevano sapessi da sola come gestire il lavoro. Vabbè, passiamogliela.  Intanto tra un caffè e l'altro scopro anche il vero motivo per cui mi chiamarono urgentemente in Oman e per cui io in fin dei conti io ero lì in quel momento, nel loro gelido ufficio, con una sciarpa arrotolata attorno alla testa per proteggermi dall'aria condizionata, la muffa sotto alle ascelle, stanca, senza una casa, e con tutti i miei averi impacchettati da qualcun altro alle mie spalle: la segretaria doveva assentarsi da lì a poco per il matrimonio della figlia in Sudafrica, e loro avevano urgentissimo bisogno di una sostituta, individuata in me, scordandosi di dirmelo però. Ecco perchè io non ero ancora riuscita a salire su di una barca...perchè non era lì che in realtà sarei servita nel periodo successivo. Quindi niente delfini davanti a me, solo numeretti e la tastiera del pc, almeno per il mese a venire. E la mia incXzXura cresce, come la schiuma del nescafè che mescolo con sempre maggiore veemenza con un sorriso che piano piano si va trasformando in una paresi isterica.

Sempre più convinta quindi a non firmare il loro visto di lavoro ed andarmene, parlo con il buon Y., il proprietario della società, che in fondo mi stava pure molto simpatico, e gli dico che mi sarei fermata per aiutarli finchè non fosse rientrata M. dal Sudafrica, visto che ne avevano bisogno, ma poi me ne sarei andata. Alea iacta est!
In quello, si apre la porta ed entra Carl, avvolto dal solito un fascio di luce e coro di angeli, e la conversazione proseguì tra loro due.
Il pomeriggio corse veloce, complici forse anche i suffumigi alla caffeina, e la sera di quel giorno mi trasferii a dormire a casa della famiglia sudafricana, con Carl...dove vidi fare per cena le più terribili angherie ad una manciata di spaghetti indifesi.

Mi dispiace risollevare il luogo comune dell'italiano purista gastronomico, ma sì, incarno perfettamente quel tipo. Mi sento, in quanto italiana all'estero, che sia mio dovere civico nonchè vocazione innata, autoproclamarmi  paladina della difesa del cibo italiano deportato nel luogo in cui mi trovo, ovunque io sia.
Io sono sicura che, per esempio, quegli spaghetti si sono risvegliati disorientati nella dispensa di casa Mulder dopo essere stati sedati e rapiti dagli scaffali di una qualsiasi ConXd di, chessò, Montebelluna, da parte della Grande Distribuzione Orgnizzata. E posso immaginare il loro schock nel ritrovarsi attorniati da barattoli di sugo di fagioli in scatola e misteriosissima 'Alfredo sauce', presentati tra l'altro da etichette vittime di un marketing degno della post perestroika. E quegli spaghetti, nella tenebra della dispensa, chiamano i loro amici: la passata di pomororini rustica, il pesto genovese d.o.p, l'olio extravergine di oliva pugliese...ma nessuno risponde.  Allora ancora incerti e pieni di domande, vengono brutalmente prelevati da una mano straniera, che fa a pezzi la loro casetta di 'cellophane' e li separa, uno a uno, dagli amici più cari..e li butta così, in una gigantesca pentola di acqua fredda, dove, come coraggiosi esploratori bianchi del secolo scorso, attorniati dagli indigeni, vengono lasciati in ammollo mentre la temperatura aumenta, vivendo la tortura immeritata di una lenta cottura a morte. Impropria tra l'altro. Perchè, perchè?!
...e poi...e poi...non gigli sui loro feretri, non sugo di freschi pachino, nessuna bufalina immacolata sui loro corpi, no....la straniera, e profana, salsa di fagioli col ketchup.
Bene, appena seduti a tavola, la famiglia sudafricana fece una preghiera. Ecco io ho per lo meno apprezzato quell'atto di carità cristiana verso quella giovane sfortunata semola. Resto incerta se questo fosse davvero ciò che si siano detti, ma è così che mi piace ricordare i coraggiosi spaghetti e fargli onore.




...ci si reimbarca per Salalah...mestizia misto entusiasmo.

I miei cinque giorni in Giordania furono pieni di shampoo, ciccia e lunghe dormite.
Tornai la ridanciana italiana piena di ottimismo e buoni propositi con cui tutti scambiavano volentieri una chiacchiera, e con questo rinnovato spirito mi preparavo a rientrare a Salalah, da MrC., da sua moglie e dal mio datore di lavoro in tunica bianca e pinne.
Alla fine se ti bastano otto ore di sonno ed i capelli puliti per essere felice, in questo Mondo un po' complicato hai sempre e comunque vinto, senza combattere.

Hesham fu un ospite splendido, mi portò a Jerash, e a cena nel locale dello zio, dove complice il vino mi trascinò a ballare in mezzo alla pista.  Io...che ballo...in mezzo alla pista...io 😂 finora me l'ero concessa solo alla sagra delle fragole, e comunque persino in quell'occasione la maglietta premio se l'era aggiudicata l'attempata signora con la sciatica e la permanente '80s, che no, non ero io.

Nel mezzo, tra Hesham ed Hesham, feci un salto nel sud del Paese, per non perdermi mai l'esperienza folclorica dell'interazione con i beduini del Sud, che riservava sempre qualche chicca.
In quell'occasione, il mio amico Mosab si offese per sempre con me, perchè parlavo troppo col fratello mentre giocavamo a carte tutti insieme ad un tavolo con la sua famiglia. La verità è che quella era l'unica direzione dove potessi rivolgere lo sguardo per non venire raggiunta dagli sputacchi della nonna.    ...poi dicono dei Siciliani.

Quindi, alla data del post (28 ottobre 2015, ore 03.30), ero sul mio volo diretto a Salalah e ripensavo a questo:

Hesham, bravissimo Hesham, immortalato a Jerash.

Tanto shampoo, niente occhiaie, molto sole.

Cena on the dance-floor 🙊

                                             
...tentativo di Dabkeh, vince di nuovo la signora della sagra delle fragole di Faedis.

Wadi Rum, 40 gradi in pull-over. Grazie, deodorante italiano, per sempre ed ovunque grata.

Insomma, con rinnovato entusiasmo mi apprestavo a tornare in quel covo surreale, pronta a ridare il massimo e ad essere utile nel gelido ufficio, o sulle barche fantasma, ovunque servissi, se mai servissi sopratutto...e sopratutto, rinnovata.






giovedì 22 ottobre 2015

L'arrivo ad Amman: visti, sviste e tabbouleh.


Arrivai ad Amman in un orario improbabile, ben oltre la mezzanotte, dopo due noiosissimi scali. Una volta arrivata nella zona visti del mio caro Queen Alia Airport, appresi con metodo galileiano, reiterando l'esperimento più e più volte con crescente disperazione, come tutti gli sporteli ATM dell' area dogana fossero non-funzionanti.
Chissà perchè, mai come quando si è in viaggio si capisce quanto la gestione efficacie delle nostre vite sia ormai in mano a processi tecnologici automatizzati, che spesso si ribellano, lasciandoci inermi di fronte all'ingestibile. Ciò succede sopratutto quando siamo in terre straniere, quindi non c'è altra spiegazione: i processi tecnologici automatizzati sono razzisti e xenofobi!
Inoltre, appunto, sono ingestibili. Scoppia una gomma, la cambio; mi si scolla la suola della scarpa (per me in viaggio è una costante), la reincollo; non funziona l'atm, arrenditi, hai perso! Passerai tutta la notte guardando gli altri turisti felici entrare nel Paese e aspettando che qualcuno, al di là del controllo passaporti, si metta a giocare con un aeroplanino di carta fatto di una banconota da 20 JOD che precipiterà poi, forse, nelle tue vicinanze e con cui acquisterai il visto anche tu; ipotesi improbabile.
Contanti, come già detto, non ne avevo, e anzi non vedevo l'ora di essere in Giordania per riprovare il brivido di ritirare. Ma...non era destino. E per essere libera di entrare ad Amman mi servivano 20 JOD, tassativamente in contanti!
La situazione, apparentemente irrisolvibile, mi creò un quarto d'ora davvero complicato.
Non potendo nemmeno chiamare Hesham, che mi aspettava fuori, essendomi impossibile ricaricare la scheda del telefono locale, mi sentii per dei buoni attimi di nuovo su quella canoa precolombiana bucata in cui navigavo cotidie in Oman, solo che qui non ero più in un mare di guano, ma in un circoscrittissimo laghetto da cui parevo non potermene nemmeno uscire.
Cercai quindi la soluzione alternativa.
Quello che ho imparato  nei miei viaggi in Medio Oriente è che c'è sempre un problema, un disguido, qualcosa che non funziona come dovrebbe, ma c'è anche SEMPRE una soluzione alternativa. Quindi ora l'avrei trovata.
Notai che i banchi del check erano dotati di terminale POS: la soluzione questa volta era particolarmente semplice, visto che la mia carta aveva almeno il chip funzionante!
Eppure poneva una complicazione, perchè tale scoperta contraddiceva l'ufficiale dictat del pagare in contanti. Di certo non potevo esordire in modo diretto con "hey tu, vestito di verdolino col cappellino che ti fa buffo, cos'è quell'aggeggio che sta sotto al tuo naso, e prima hai fatto reiteratamente finta di non vedere nonostante ti spiegassi il mio empasse?!". Per lo meno non con l' ufficiale di frontiera.
Inoltre cartelli ovunque dicevano occorresse valuta contante. Probabilmente il misterioso fenomeno si spiegava in un baracchino tutto illuminato con la scritta intermittente"change" e commissioni altissime. Il suo guadagno era tutto e la mia disperazione nulla!

Baracchino o no, una ragione terribile  li costringeva a lasciare una povera ragazza in quel più che palese stato di panico (e prigionia). Una ragione terribile, arcana, mitologica, ma sopratutto...segretissima.

Vabbè insomma, decido di giocare il jolly: come altre volte accadde e sempre accadrà, faccio la parte della povera donna sola disperata che sta per piangere. Visto il mio livello di dignità bassissimo, commossi, si sentirono autorizzati a scendere un pochino di livello anche i lor signori distinti poliziotti di frontiera e finalmente concedermi di pagare con il POS.
Come sospettavo, perchè questo pattern l'ho ritrovato più volte, una delle ragioni misteriose per fingere di non poter pagare con la carta, forse anche l'unica, chissà, era questa: pagare con il POS richiedeva di saper utilizzare il POS. Tautologico.
D'altronde capisco anche il timore reverenziale ed il sospetto degli ufficiali giordani nei confronti del terminale POS, con tutte quelle sue lucine colorate intermittenti, che ricordavano un po' un UFO..atterrato un giorno per caso sulla loro scrivania.
Fortuna che in due è tutto più facile ed in tre anche di più. Così, facendoci coraggio a vicenda, affrontiamo insieme questo incontro ravvicinato del 3° tipo con 'la cosa'. Tre menti e dodici mani, ed è fatta: posso finalmente entrare in Giordania!

Al momento della stampa del visto sul mio passaporto, purtroppo, i sogni romantici di uno degli ufficiali presenti nel summit per risolvere il problema del POS vennero infranti nel leggere la mia data di nascita. L'ho capito quando l'amico gli ha detto "mi dispiace, è troppo grande per te".
Restai in ogni caso lusingata dal sapere che anche in Giordania li facevo tutti fessi sull'età e continuai a fingere di non capire cosa si stessero dicendo, salutandoli e respirando finalmente il profumo della libertà.

Finalmente quindi, trovo Hesham, ed inizia la vacanza.
Ci dirigiamo in macchina verso il centro città, ed Amman è una città bellissima.

Con le sue casette a cubetto arroccate sui suoi sette colli, e la storia che fa capolino da ogni dove e da ogni epoca (romana, bizantina, islamica e...quella indefinibile odierna...chiamiamola oggiqua per darci un tono). Il traffico indiavolato, che a noi italiani farà pensare a Napoli, anche per chi a Napoli non ci è mai stato, ma comunque subisce il fascino dei luoghi comuni -brrrr....come mi piacciono. E le strade che si snodano di notte, come serpenti maculati dai fari delle auto, con uno strisciante brusio. Le strade di Amman sono dirette nel loro corso, ad ogni curva, da qualcosa che rimane di ogni suo passato; si snodano tra le vestigia vive di ogni tempo, risvegliate dalle luci di oggi.
E così si susseguono, senza che nulla sfugga, le moschee, l'anfiteatro romano, i souq, la cittadella e, più in là, gli oggiqui mall.



Chissà perchè, come arrivo in Medioriente mi sento viva anch'io, brulico anch'io sotto pelle, come le strade, le auto, le mille casette su cui rimbalza lo sguardo a cercare un punto di appoggio che non c'è, in tanta omogeneità tra di esse e col paesaggio che le domina.
E la musica, i profumi, gli odori, le bancarelle che vendono cibo in strada...le gente che mangia camminando. Li vedo e sento il gusto croccante delle falafel tra i denti.
Mi sono innamorata di questi Paesi così, finendoci dentro per caso.
Un giorno ho saputo che esisteva una parola araba per indicare il luogo in cui si era trascorso del tempo in passato, vissuto, e dove ora non rimane niente se non un ricordo di un momento, magari felice. Allora mi sono sentita che qualcosa doveva essere rimasto in questa cultura, che valesse la pena di farci un saltino pur senza sapere bene cosa stessi cercando. Di andarci così, in questo modo, senza bene sapere. E poi, semplicemente, non sono più riuscita a smettere.


Coffe shop a Wadi Musa
Dabkah, musica tradizionale dei paesi dello Shami

اطلال, Atlal...la parola di cui mi sono innamorata che vi dicevo.











Beh...torniamo con Hesham...sono passate le due da un pezzo e occorre trovare un locale per la cena.
Hesham è costretto, suo malgrado, ad assecondare la mia brama di hummus e portarmi in un ristorante della downtown. Saliamo le scale zig-zagando con maestria tra sputi e cose che non si vogliono accertare, e raggiungiamo la zona cena. Prendiamo posto accanto ad un tavolo composto da alcuni uomini e da due prostitute, che, sottolineo, si vestono come le ragazze di qui quando escono per la pizzata con le amiche. Fatti loro. Quelli fuori luogo eravamo noi, perchè in fondo erano le due del mattino passate.
Chettelodicoafare, mangiamo, come se non ci fosse un domani, tutto ciò che più amo. Non perdo l'occasione, come sempre, di sottolineare come il mio tabbouleh sia migliore, esponendo i miei calcoli alchemici sulle percentuali corrette del prezzemolo, e vantando attestati e riconoscimenti internazionali di prestigiosi enti dai nomi impronunciabili, che si perdono tra uno starnuto e tre colpi di tosse, e infine, verso le quattro arrivo in albergo.

Aspetto che Hesham arrivi a casa e mi scriva per addormentarmi, e ricevo un messaggio che mi lascia terrorizzata al buio in questa stanza sconosciuta in qualche posto della downtown, e che recita così:

"allora domani alle 08.00 ti passo a prendere così andiamo a Jerash la mattina col vento favorevole e il sole basso,...poi....pranzo dai miei...poi....poi....poi....e la sera...il giorno dopo....".

Hesham, gentilissimo premurosissimo Hesham, ti suonerà strano, e suona strano anche a me, ma io in Giordania per ora, ci sono venuta solo per dormire e lavarmi i capelli.

Buonanotte e che sia lunga, finalmente.  Ti chiamo io quando ho i capelli puliti.



mercoledì 21 ottobre 2015

...e quindi si (ri)parte per Amman. ✈

...e quindi si (ri)parte per Amman. ✈

La scusa che mi dovetti inventare per rendere socialmente accettabile questa follia di dovermene già andare dopo nemmeno due settimane di conoscenza, fu un matrimonio. Per l'esattezza quello di un ragazzo arabo giordano che conoscevo...bla-bla...che ci eravamo piaciuti...bla-bla...che ora aveva le nozze e se non lo salutavo ora non potevo salutarlo mai più. Poteva funzionare, funzionò.

Del resto non potevo essere sincera, perchè "Devo farlo altrimenti stanotte cospargerò di benzina l'ufficio, ci spegnerò sopra con gioia il mio sigaro e poi, trotterellante, prenderò l'ultimo cammello per l'Italia, perchè in soli 10 giorni mi avete sfrangiato parti del mio corpo che mi avevano detto io non possedessi per natura. Un domani mi ringrazierete per questo, voi e i figli che vi consento così un giorno di avere, purtroppo.", sarebbe potuto risultare offensivo, incompreso, esagerato, e sopratutto in inglese non sapevo come rendere la sottigliezza dello 'sfrangiato'.

In ogni caso, era un passo necessario.
Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile.
da PensieriParole <https://www.pensieriparole.it/aforismi/comportamento/frase-7585>...forse al rientro quindi vi avrei anche sopportati. San Francesco è una voce autorevole.

Certa dell'altruismo del mio gesto, mi imbarcai sul mio volo.

Era il mio quarto viaggio in Giordania, e degli amici lì da visitare li avevo veramente. Non lo chiamerei neanche viaggio, piuttosto 'ancora di salvezza'..un salvagente gettato in un mare di cacca (si può dire cacca?!) liquida in cui navigavo in quel momento a Salalah, a bordo di una canoa precolombiana bucata. Nell'ipotesi concreta di essere in un mare di guano, non so se sarebbe meglio veleggiare in canoa o in salvagente...ma in fondo è solo una metafora.
Questa volta, più che di avventure, avevo bisogno di stare in una stanza da poter chiamare "mia" anche se solo per qualche ora, di avere tempo per lavarmi i capelli, chiamare a casa, scrostarmi lo smalto dalle unghie prima di venire prelevata e studiata da un team di paleontologi, e dormire per recuperare ancora la stanchezza del viaggio di arrivo in Oman, cosa che la fitta lista di impegni mondani di MrC. non mi consentiva mai di fare.
Perchè no, di essere anche circondata da persone amiche, in un contesto dove stavo bene.
Era il viaggio a cui tenevo e che avevo cancellato per correre da loro e dalla loro millantata urgenza. Me lo meritavo io, ed in fin dei conti se lo meritavano anche loro. 😈

Ma torniamo alla Giordania.

Bene, questo viaggio in Giordania è stato meno avventuroso di altri (..tipo quando un beduino mi ha chiusa a chiave dentro casa, o quando mi hanno fregato il passaporto il giorno prima di passare il confine, quando sono stata costretta a dormire in una grotta in mezzo a agente che russava, oppure, perchè no, quando ho intasato il water a casa della famiglia che mi ospitava), ma alla fine il fatto è che ero andata lì come detto quasi solo per riuscire a farmi uno shampoo.
Chi non deve fare 10 ore di viaggio per uno shampoo e una notte di sonno?! 🙆
Se volessi fare la saggia fuori luogo, di quelli che devono sempre trarre una lezione dagli eventi casuali della vita, financo dalla sfiga, direi che l'esperienza a Salalah mi ha fatto capire il valore delle piccole cose. Piccole come lo spessore di una carta d'imbarco. 😂

In ogni caso in questo viaggio sono finalmente riuscita a visitare Amman, grazie alla gentilissima compagnia del mio amico Hesham, che mi ha fatto visitare la capitale, mi ha portata a Jarash (meraviglia archeologica), a mangiare il mio adorato tabbouleh (...ok...anche a bere arak), e infine a comprare tutte quelle cianfrusaglie per la cucina che piacciono a me. ...tra queste, quell'attrezzino per sformare le falafel, che mi sono solo ora ricordata di avere da qualche parte in cucina, e un' orrenda tovaglietta dorata in stile arabeggiante, che so benissimo dove ho seppellito con cura, dopo essermi accertata che non respirasse più.
Ricordo poi un intero giorno passato a giocare ad air-hockey con il personale dell'hotel ad Amman, mentre aspettavo l'invio di un codice di sicurezza per sbloccare la mia mail...un attesa di sole 4 ore.
E ricordo gli sguardi a me rivolti tra l'attonito e l'infastidito, dei vecchini che giocavano a carte fumando l'arghila in uno-dei-peggiori-bar-di Amman, e chiaramente io ero l' oggetto da spuntare dalla vignetta in 'trova l'intruso'.
mmm...poi come sempre ho fatto una puntatina verso il deserto del Wadi Rum, e Petra.

Ho deciso che, da quando metterò figurativamente piede in Giordania, ridurrò il mio cinismo e allegherò qualche foto. Ma il mio cinismo tornerà, come da registro, appena rientrerò in Oman.



martedì 20 ottobre 2015

Chiariamo subito la situazione: poteva andare meglio!

Chiariamo subito la situazione: poteva andare meglio!

Eh sì, perchè MrC., che mi ospitava a casa sua, era un tipo bizzoso ed incazzoso, con qualche mania di dominio su...tutto. Per esempio era vietato usare il cellulare a tavola, nemmeno se i miei mi chiedevano disperatamente se fossi viva (il che in realtà succedeva continuamente), ed era implicitamente vietato disporre liberamente del proprio tempo libero. Per esempio era anche implicitamente vietato organizzarsi autonomamente per la cena. L'avvicinarsi dell'ora dei pasti in Oman mi riportava quell'ansia lontana che avevo da bambina, quando al rintocco della campana delle 12 suonava la mia ora, e partiva l'angoscia di trovare le pesche sciroppate alla mensa del collegio. Da MrC. il pericolo prendeva le fattezze di tremende spezie piccanti eritree, impossibili da separare dal resto nascondere sotto al tovagliolo, e al riguardo delle quali ricordava spesso simpatici aneddoti da lui giocati ai danni di ignari turisti curiosi nella sua Eritrea e nel fiore dei suoi anni. E' proprio vero che il buongiorno si vede dal mattino!
A causa di questa sindrome ignota di cui soffriva MrC., penso si possa trattare di semplice 'rompipallismo acuto' (letale più per gli altri che per se) la prima sera, nonostante avessi palesato la necessità di chiamare casa e riposare, dopo un viaggio di 15 ore e 3 ore di riposo notturno, mi aveva organizzato una cena fuori con tutti i suoi amici, a cui sarebbe stato offensivo non presenziare, poichè era in mio onore...kkuXlo!!  Mi avvisò solo alle ore 18.30, quando ero già in pigiama col cellulare in mano e sulla punta della lingua avevo già 'ciao mamma'.
Questo stesso iter si ripeteva continuamente per tutto. Tant'è che l' Oman è sicuro, ma il mio livello di vita era comunque simile a quello dei rapiti dell'Aspromonte. Al quarto giorno, non ero ancora riuscita a chiamare il mio fidanzato. E ogni volta che sentivo toc-toc alla porta, ovvero al massimo 15 minuti dopo che fossi entrata in camera, la mia fronte si bagnava ormai di gelido sudore. Avevo imparato a falsificare la mia voce, ma il tutto era vano, perchè molestava anche gli altri 3 miei falsi compagni di camera: il lottatore di Sumo cinese con la voce da gay, la nonnina inglese ubriaca che diceva zozzerie in un perfetto accento oxfordiano, e il leprotto chiaccherone. "Ciao, sono il leprotto chiaccherone" "Devi essere a cena alle 19:37"...vabbè.

La moglie, forse di riflesso, forse per affinità elettive, era un pochino...mmm...come dire...facile al cambiamento di umore.🌛🌜     Ricordo ancora quando, durante una conviviale conversazione in cucina,ammutolì, si voltò all'improvviso, trasfigurata, stringendo in mano la forchettona a tre punte, alle spalle il fumo sulfureo della pentola delle patate in bollore, ricordandomi così un'immagine luciferina, e mi disse con la voce tipica di chi sta per rosolarti nelle fiamme dell'Inferno: "Ma non lo vedi che sono impegnata 😠 ?!?".  Stavamo parlando calorosamente fino a quel momento, ma evidentemente proprio quando ho aperto la bocca io, lei era intenta a tagliare le patate col suo sguardo laser, e io purtroppo non me n'ero proprio accorta. Del resto lei era di spalle, ed io in Italia le avevo sempre tagliate col coltello, non pensavo stesse facendo altro che nulla, oh me ardita.
Ricordo ancor meglio il mio primo risveglio a Salalah. Arrivai la sera prima a casa di Mrc, dall'aeroporto, verso le sette. "Devo lavorare domani mattina?", "Mannooooò, domani ti riposi!". Allora usai tutte le mie forze ed intenzioni per tenermi sveglia e procedere ad un'educata conversazione informale conoscitiva con MrC., che alla fine era il mio ospite. Chiaccherammo nel suo patio fino alle 08.30, poi andai finalmente a dormire. La mattina dopo la sua signora mi tamburellò alla porta alle ore 11.30 per la sveglia...  "devo portarti in giro e il pomeriggio non posso perchè ho il corso di yoga, hai 30 minuti per essere pronta". Del resto, in Aspromonte non li portavano di certo fuori, non mi potevo lamentare.

Ciononostante ricordo scene di quadretti familiari alla Mulino Bianco, tipo questo:

Colazione, lei ed io al tavolo con le nostre tazze, entra lui trotterellante con in mano il suo caffè: "cara, mi hanno affidato un gran lavoro, devo tirare sù una barca affondata al largo dello Yemen", "e cosa c'è dentro?" "non si sa".    ...una bomba di commessa, insomma!

In ultimo, nell'analisi dei macrofattori, il lavoro consisteva prevalentemente nell'attesa. L'attesa di chi dovesse portarmi al lavoro (una mattina durata dalle 07.00 alle 11.40), l'attesa che ci fosse qualcosa da fare, l'attesa di capire in cosa consistesse il mio lavoro, l'attesa che il 'boss'-che non era mrC.- finisse di fare diving per venire riportata a casa (sempre con almeno due ore di ritardo), a volte l'attesa che si ricordasse di tornare al lavoro per riportarmi a casa, dopo avermi dimenticata in ufficio. L'attesa del rimborso delle spese del viaggio e sopratutto l'attesa di salire su queste barche...mentre nell'attesa stavo tutto il tempo in ufficio con l'aria condizionata settata sui 17°, e fuori 38, e non sto scherzando. Per uscire a fumare una sigaretta dovevo procedere ad una svestizione lunghissima. Tanto che per un attimo pensai che se fossi dovuta stare lì a lungo, sarebbe stato bene comprarmi uno di quei vestiti di carnevale da orso, che in un attimo ti ricoprono di pelo capo, mani e piedi, per ottimizzare i tempi.

Aggiungiamoci che:

-La carta che mi ero fatta fare in banca prima di partire non prelevava da nessuno sportello, e nemmeno il mio bancomat. Tranne una fortunata, o fortuita, prima transazione.

-Il programma vpn per poter chiamare l'Italia dall'Oman tramite servizio voip (Viber, Skype, etc.) non funzionava, e non trovavo mai il tempo per risolvere il problema.

-A casa loro internet non prendeva quasi mai. Quando in un punto della casa si manifestava un po' di connessione, correvamo tutti lì col cellulare in mano proteso verso il cielo,  come gli indigeni delle isole del Pacifico quando vedevano passare un aeroplano, nei film di una volta. Ci mancavano solo i gonnellini il caschetto nero e l'osso nel naso.

Insomma le cose non andavano molto bene. Sopratutto considerando che ero andata lì per lavorare 5 ore al giorno sulle barche, potendo poi disporre del resto del mio tempo, in una casa e con una macchina, anche se comunque pagata un bianco e un nero.  Ed invece ero sequestrata, in ufficio praticamente dalle 08 alle 19...a fare sostanzialmente nulla. E poi sequestrata anche una volta rientrata a casa. Senza la possibilità di muovermi autonomamente, e senza capire cosa stesse succedendo. Senza poter parlare con nessuno, visto che non avevo modo di conoscere praticamente nessuno se non i suoi amici, e in Italia non potevo telefonarci. Senza poter prelevare contanti. E con la famiglia a casa ancora terribilmente arrabbiata con me per la mia decisione.

Pensai che nonostante tutto, forse vedevo tutto nero perchè ero stressata...allora...visto che non c'era nulla da fare in ufficio....e.......sopratutto.....visto che avevo rimandato un viaggio in Giordania per correre da loro avevano millantato un immediato bisogno della mia presenza (falsissimo)...pensai di fare questo saltino in Giordania per rilassarmi, e poi di certo avrei visto tutto in una luce diversa.
Del resto l'unica altra alternativa sensata sarebbe stata quella di tornarmene in Italia.

Vi ricordo che sono partita da casa con mia madre che minacciava di vendermi la macchina, cambiarmi la serratura e diseredarmi, e sulle note di "vai in Oman e vai in Mona".  Quindi il mio stress era partito già da casa.  Quindi sì, forse vedevo io tutto nero.

Fatto sta che lì non avevo mai nemmeno 10 minuti liberi, da sola, per rilassarmi e fare il punto della situazione.
Ricordo che una sera ero nel loro giardino, per cercare un po' di solitudine e un po' di campo per scrivere a casa. Prendeva molto meglio sulla strada, ma da sola in strada non ci potevo andare, onde evitare il concerto di clacson etc etc. Dopo 15 minuti di vani tentativi di utilizzo della rete decisi di desistere. Desistere tutto, e rilassarmi solo un secondo, per la prima volta. Mi buttai a terra, sull'asfalto del passaggio auto, distesa, e mi misi a guardare il cielo. Era bellissimo, e uguale a quello che vedevo da casa. Non facevo nulla, ero distesa, guardavo in alto, e mi cominciavo a sentire proprio bene ed in pace col mondo. Non durò. Con la coda dell'occhio vedo qualcosa muoversi nel buio, mi sollevo velocemente e noto questa specie di grande mangusta, che ormai era a quasi un metro dalla mia mano, puntando esattamente alla mia mano.
Corsi a casa, e capii che non c'era possibilità di salvezza in quel posto.

Quindi...si parte cinque giorni per la Giordania. A salutare il mio amico che si sposa. ...così dissi. 😈





martedì 13 ottobre 2015

L'incontro con MrC...colui che mi aveva chiamata in Oman.

Sbarcai all'aeroporto di Salalah alle sei del mattino del giorno successivo, e qui incontrai il mio 'tutor', che chiameremo MrC.
MrC. finora era stato per me solo una voce telefonica ed un profilo di facebook, di lui sapevo poche cose, di cui ne avevo memorizzate bene due: MrC. ha un elevato rate di parolacce/parole al secondo; MrC. dice e disdice cose con un tasso elevato, che fa competizione al precedente.

Pertanto non mi stupii più di tanto quando fui accolta con un misto di 'cazXo' e 'benvenuta' e nemmeno che la ormai famigerata casa in cui sarei dovuta risiedere non fosse stata ancora pronta, o, per meglio dire, non fosse stata nemmeno ancora localizzata, e sulla base di quel che vidi due settimane dopo probabilmente al mio arrivo non fosse stata ancora costruita.
Ero già partita con il minimo livello di aspettative, sperando così di non rimanere delusa da nulla. Alla fine il mio obiettivo era solo quello di passare 4 mesi in Oman, lavorando 5 ore al giorno su queste barche, e studiando per il resto del tempo per i miei esami universitari. Sperando che questo cambiamento di vita mi desse un po' di sprint e ritmo e sopratutto mi facesse uscire da un certo menage statico che avevo ormai consolidato a casa mia.
Pertanto caxXo-bentrovato anche a te finalmente MrC., mi casa es tu casa, ovunque essa sia, basta che mi porti a dormire e possibilmente subito. Grazie.

Non fu esattamente subito, perchè MrC., al nostro primo incontro, non perse l'occasione per darmi la prima delle sue innumerevoli lezioni di vita in Oman.
Lesson number one; svolgimento: obbliga il nuovo arrivato a lasciare tutte le sue valige, borsa personale compresa, nel vano scoperto del tuo pick-up, mentre ti allontani con lui a mani vuote dalla macchina, che avrai parcheggiato lontano lontano, nel desolato parcheggio dell' aeroporto...nonostante tutti gli altri posti più vicini fossero stati liberi. Avvisa tutti gli indiani che lavorano all'aeroporto di aggirarsi attorno alla macchina con fare sospetto, facendoli tutti andare a pulire il parcheggio solo ed esclusivamente attorno alla tua macchina ed alle sue valigie.
E così, come da plot, ci allontanavamo nell'oscurità per fare non ricordo cosa, probabilmente nulla, a solo scopo didattico, lasciando la macchina aperta, alle sei del mattino, con le chiavi dentro...facendoci sempre più piccoli, ..e piccoli-piccoli....e piccoli-piccoli-piccoli, agli occhi degli indiani e le valigie ai miei. A nulla valsero i miei tentativi di portare con me almeno il mio passaporto o le carte di credito. Mi ero giusto infilata di nascosto il cellulare nella tasca dei jeans. A nulla valse tirare in campo la logica. Lui non voleva sentire ragioni, mai! Lui aveva ragione e tu solo velleità, sempre.

Ed ecco la morale della prima lezione di MrC.: l'Oman è sicuro!

Se mai andrai in Oman, questa frase te la ripeteranno sempre, tutti, talmente spesso che se sei anche partito senza il minimo dubbio al riguardo, verrai sollecitato involontariamente con la psicologia inversa, a porti delle domande. Ma io, se non era sicuro (imperfetto) mica ci venivo (incorretto), e allora perchè non la smetti di sticiarmi inversamente, visto che ormai qui sono e qui devo rimanere?!
...per un attimo ripensai alla cerata gialla di mia zia, e a quel fischietto rimasto nel cassetto della mia cameretta, e mi vidi in mezzo al mare nella tempesta, accerchiata dai pirati.
Mentre lui, notando il mio stranimento, ripeteva guardandomi fissa, gli occhi che scintillavano nella nera notte del parcheggio, e un tono di sfida alla spaghetti-western: "l' Oman è sicuro, parolaccia1 parolaccia2 e parolaccia3.".

Tornammo infine alla macchina, indossando gli occhiali da sole per non venire abbagliati dal candore del piazzale pulitissimo attorno al suo immenso ed arrogantissimo pick-up. Anche gli indiani non c'erano più, spariti con la polvere, assolto il loro ruolo intimidatorio, mentre effettivamente le mie valigie c'erano ancora. Con la velocità di una giovine salamandra infilai la mano nella borsa e controllai la presenza del passaporto, tirai un sospiro di sollievo, qualche maledizione tra me e me, e finalmente lasciammo quella landa desolata.

L'Oman è il paese mediorientale più sicuro dal punto di vista dei noti problemi internazionali che io abbia mai visitato. Mai percepito nulla che mi facesse minimamente avere un dubbio al riguardo. Ma caro MrC, tutto il mondo è paese per altre questioni, e a me il portafoglio l'han fregato due mesi dopo.

Quindi sì MrC., l'Oman è sicuro, ma se tu lasci i tuoi valori all'aperto e te ne vai, come diciamo da noi, te se un po mona, in qualsiasi parte del mondo. Te se mona a Roma e te se mona in Oman. Sopratutto se lo fai per fare lo spaccone...e specialmente se lo fai con il passaporto degli altri.

Vabbè comunque benvenuto anche a te MrC.

Quindi senza casa, ma col passaporto, sul pick-up di MrC., ci dirigevamo verso casa sua a Salalah, dove avrei presto riposato le mie stanche membra...ed orecchie.


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lunedì 12 ottobre 2015

... a Country wrapped in a black tulle dress...

I kept on greeting my boyfriend from further and further away up to the moment before disappearing into the human flux of the check point at Venice airport. I did not feel too much sad though.
With the optimism that distinguishes me, I saw only the exciting part of the affair, and I was more than certain that my love-story would not have been badly affected by this choice to leave. My usual (bad-placed) optimism about love, people, and the love of people.
Anyway no, I wasn't feeling sad actually. My glass was half-full and I was flying towards a misterious country, which I had really never heard any news about before. Exception made for some anxiogene information learned from the Farnesina italian website, which I quickly checked before leaving. There they will tell you that there were maybe pirates in that Ocean, but not too many ones ... it's a tolerant country, but it's better not to offend their culture ...if you accidentally drive by with the traffic light on the red, you're 48 hours in jail! To put it all, facts count and Oman never gave me any of the three above, even though it took some time for me to get trained to the proper dress-code and to all the behavioral rules suited to a woman traveling alone. Which is me, as always.
I learned up on my personal experience the 'to do' and 'not to do' list...and when I made up my list, everything started to walk on easily for me.
But anyway I enjoyed the expository style adopted by that web-site. It's like the visual effect of a black tulle dress on somebody (we call it 'I can see I cannot see' in Italy) ...it will lead you to murmur yourself while looking to that black-transparency wrapped lady: "will she be beautiful or will she have crooked legs?" "will she be beautiful or will she have four buttocks down there?" "will she be beautiful or...?"
...on this doubt it is better to board her friend!
Well I couldn't have that choice: I was adventurously aproaching (yes, I called that an approach) a country that for me was all fluttering in a black tulle, and had no friend to b-plan onto. And I left my country perfectly conscious that what would have kept me mostly busy from that day and for a long time ahead would have been to be accepted and liked by that misterious place. To know it, understand it and please it as much as I could, even before I could get the chance to understand if I liked it as well or not. LOL

...un Paese avvolto nel tulle nero...

Salutai il mio ragazzo fino al momento prima di sparire nel fiume umano dei controlli dell'aeroporto di Venezia.  Non mi sentivo troppo triste. Col solito ottimismo che mi contraddistingue, vedevo solo la parte emozionante della faccenda, ed ero più che certa che la mia storia non sarebbe stata minimamente intaccata da codesta scelta...col solito ottimismo a riguardo dell'amore, delle persone, e dell'amore delle persone.
In ogni caso no, non mi sentivo triste. Il bicchiere era mezzo pieno e io in volo verso un paese del tutto sconosciuto, di cui davvero non avevo mai sentito notizia alcuna.  Tranne ovviamente le informazioni lievemente ansiogene apprese dal sito della Farnesina. Che ti dicono che ci sono i pirati, ma non troppi...è un Paese tollerante, ma meglio non offenderne la cultura...se passi incidentalmente con il semaforo rosso, ti fai 48 ore di galera. A dirla tutta, l'Oman non mi ha mai dato problemi per nessuna delle tre qui sopra, anche se ci ho messo del tempo ad apprenderne il dress-code e sopratutto le norme comportamentali adatte per una donna che viaggia da sola. Che sarei io.
Ma in ogni caso mi piace lo stile 'dico non dico' di quel sito. E' come il vedo-non-vedo di un vestito di tulle nero...sarà figa o avrà le gambe storte? sarà figa o avrà 4 natiche? sarà figa o?  ...nel dubbio meglio abbordare l'amica.
Ecco, io no, io codesta scelta non l'avevo: partivo all'abbordaggio (sì, ho detto abbordaggio) di un paese che per me era tutto svolazzante di tulle nero.
E partivo ben sapendo che la cosa che più mi avrebbe vista impegnata da quel giorno e per un lungo periodo, sarebbe stata di piacergli.  Di conoscerlo, capirlo e piacergli, prima ancora di capire se lui piacesse a me.


LOL


domenica 11 ottobre 2015

Il walzer degli addii: L.A.R.S. e fischietti d'alto mare.

Non mi dilungo sui mesi che passarono da quel messaggio di maggio, che mi avvisava dell'opportunità di lavoro in Oman, e il giorno della partenza, in ottobre...diciamo solo che furono strani, molto intensi e ricchi di tentativi di boicottaggio.
Ciononostante, come dice l' amatodiato famoso cantautore italiano: "...anche se non ha senso-oh domani arriverà, domani arriverà lo stesso-oh".
E così arrivò anche il giorno della pre-partenza...giorno passato a spuntare, madida di sudore, cose da fare da una lista lunghissima...metà della quale è stata poi messa in valigia, to be continued.
Tra gli inspuntabili, sempre maledirò quel 'ceretta inguinale', che...ahimè...non sapevo fosse tanto difficile trovare un'estetista consenziente a Salalah. Anzi, visti gli sguardi di rimprovero nelle sale d'attesa,direi 'connivente' più che consenziente.  In ogni caso, non la trovai mai 😂
Questo in verità mi portò una medaglia al merito già nella prima settimana di lavoro, poichè dovetti fare il bagno vestita...cosa che mi fece reputare molto rispettosa delle usanze locali, e ricca di voglia di dare il buon esempio alle turiste occidentali.  La verità sulla mia pudicizia era un'altra, ma la stelletta al merito la conservo orgogliona.

Tornando al giorno pre-partenza, i momenti che maggiormente ricordo sono due.
Il primo è il momento in cui il mio ragazzo mi da una scatolina che sembra proprio la confezione di un anello...e lo è. Ma, un anello da uomo.  Insomma mi da in custodia, come prova d'amore, questo anellone d'oro, antico, che pare fosse appartenuto da molto alla sua famiglia, e fosse in origine di un certo L.A.R.S., di cui ormai erano rimasti solo l'acronimo ed il cattivo gusto (mi ha lasciata, posso dirlo). Ad ogni modo l'anello rimase nelle mie mani solo per poche ore, visto che avrei presto lasciato casa mia e non avrei voluto rischiare che qualcuno rubasse il cimelio di famiglia, glielo ridiedi ed affidai immediatamente in custodia.  Quindi l'unica volta nella mia vita che un uomo mi diede un anello, fu per poche ore, e comunque parliamo di un anello che non avrei mai potuto indossare, se non nell'alluce.

Il secondo momento top della giornata è stato quando mia zia, dopo aver letto il bollettino di 'viaggiaresicuri' e aver appreso il fatto che l'Oman non fosse lo Yemen ( gliel'avevo detto, che non c'era la guerra in Oman, ma sai...le zie...), ma comunque si affacciasse sul golfo dell'Aden, decise di avere il dovere morale di cercare nuovamente di salvarmi la vita. Lo fece così: mi portò una cerata gialla e un fischietto. La cerata pesava 4 kg da asciutta e sarebbe stata capace di affondare la Pellegrini, mentre il fischietto, al primo tentativo della zia, per insegnarmi ad utilizzarlo al meglio delle sue potenzialità, fece il rumore  che fanno i palloncini alle feste dei bambini quando si sgonfiano, tristi, mesti, un attimo prima di accasciarsi al suolo per sempre.

...per fortuna, zia, l'ultimo atto di pirateria nel golfo è del 2011, ma grazie comunque per averci provato.