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martedì 29 agosto 2017

La cena all'italiana!

...ricordando la prima cena in casa Mulder, a Salalah.

Mi dispiace risollevare il luogo comune dell'italiano purista gastronomico, ma sì, incarno perfettamente quel tipo. Mi sento, in quanto italiana all'estero, che sia mio dovere civico nonchè vocazione innata, autoproclamarmi  paladina della difesa del cibo italiano deportato nel luogo in cui mi trovo, ovunque io sia.
Io sono sicura che, per esempio, quegli spaghetti si sono risvegliati disorientati nella dispensa di casa Mulder dopo essere stati sedati e rapiti dagli scaffali di una qualsiasi ConXd di, chessò, Montebelluna, da parte della Grande Distribuzione Orgnizzata. E posso immaginare il loro schock nel ritrovarsi attorniati da barattoli di sugo di fagioli in scatola e misteriosissima 'Alfredo sauce', presentati tra l'altro da etichette vittime di un marketing degno della post perestroika. E quegli spaghetti, nella tenebra della dispensa, chiamano i loro amici: la passata di pomororini rustica, il pesto genovese d.o.p, l'olio extravergine di oliva pugliese...ma nessuno risponde.  Allora ancora incerti e pieni di domande, vengono brutalmente prelevati da una mano straniera, che fa a pezzi la loro casetta di 'cellophane' e li separa, uno a uno, dagli amici più cari..e li butta così, in una gigantesca pentola di acqua fredda, dove, come coraggiosi esploratori bianchi del secolo scorso attorniati dagli indigeni, vengono lasciati in ammollo mentre la temperatura aumenta, vivendo la tortura immeritata di una lenta cottura a morte. Impropria tra l'altro. Perchè, perchè?!
...e poi...e poi...non gigli sui loro feretri, non sugo di freschi pachino, nessuna bufalina immacolata sui loro corpi, no....la straniera, e profana, salsa di fagioli col ketchup.
Bene, appena seduti a tavola, la famiglia sudafricana fece una preghiera. Ecco io ho per lo meno apprezzato quell'atto di carità cristiana verso quella giovane sfortunata semola. Resto incerta se questo fosse davvero ciò che si siano detti, ma è così che mi piace ricordare i coraggiosi spaghetti e fargli onore.





lunedì 14 agosto 2017

Amore a prima visita. Il mio Middle East.

Il mio primo viaggio in MO fu a cavallo di agosto-settembre 2013 e una sorpresa a 360 gradi. Sentii il ragazzo di cui ero ancora innamorata, scherzando mi disse 'vieni', scherzando dissi 'sì', e quattro giorni dopo stavo atterrando a Tel Aviv. Girammo per la capitale, visitammo Gerusalemme, e insistetti come solo una donna può fare per una puntatina nel Negev, perchè non volevo perdermi per nulla al mondo la possibilità di godermi il cielo del deserto durante la notte. Purtroppo con l'oscurità miriadi di animaletti uscivano dal pietroso deserto del Negev e non fu una delle osservazioni più rilassanti che io ricordi.
Dopo una settimana di mini-tour rientrai in Italia.
...quella romantica notte nel Negev, passata a proteggerci dagli invertebrati.

Tornai poi nell'estate 2014 per 3 settimane, per partecipare ad un corso di lingua in un villaggio arabo all'interno di Israele. Si prospettava davvero come un'esperienza unica per me, poichè la sistemazione era in famiglia e io mi vedevo già ad aiutare la mamma in cucina e carpirle tutti i segreti accumulati da generazioni e generazioni per perfezionare il mio (già) best-tabbouleh-ever. Purtroppo arrivare fu molto complicato, perchè divenne un'estate molto calda anche dal punto di vista politico, quindi il mio volo proprio prima di atterrare a Tel Aviv, virò bruscamente per tornarsene ad Istanbul. Qui rimasi parcheggiata con parecchi altri passeggeri in un hotel, senza avere mai notizie precise su quando si sarebbe riaperto il traffico aereo. E qui presi anche la famosa decisione sul topic 'viaggi e bugie', dopo che vennì chiamata a gran voce dalla hall dell'albergo, mentre cenavo con i miei ormai-amici, per una chiamata del consolato che recitava così: "sua madre è molto preoccupata, per favore torni a casa.". Tre minuti dopo venni chiamata anche dall'ambasciata, perchè mia madre aveva deciso di tentare la coercizione e convincerli ad impormi il reimpatrio forzato, ottenendo però solo il risultato di spingerli ad una chiamata morale a sfondo abbastanza surreale, che a tutti gli altri presenti non italiani sembrò allucinante.
Alla fine delle due lunghe chiamate in cui giustificavo le mie scelte (perchè???) tornai al tavolo e trovai un hamburger freddo e dei commensali sbigottiti. La mamma italiana è difficile da spiegare!
Alla fine raggiunto Kfar Yasif, dove si teneva questo corso di lingua, trovai una situazione diciamo non-consona, perciò me ne andai e finii a girare da sola per il Paese per il resto delle settimane, facendo sopratutto base ad Haifa e visitando il nord del Paese.

..la mia sistemazione a Kfar Yasif...

...il mio pigiama rosicchiato a Kfar Yasif...

Haifa, Bahai temple.

chilling in Akka (San Giovanni d'Acri)

Prima di tornare in Italia, una mattina, decisi di voler assolutamente visitare Petra. Era sabato (shabat) e in Israele non c'era mezzo pubblico che funzionasse, ma grazie al super amico Firas, conosciuto pochi giorni prima sulla corriera per Nazareth, raggiunsi comunque il confine. Come fai a non amarle delle persone così?!
Arrivai quindi ad Amman, poi alla stazione sud, e da qui presi il mio minibus per Petra. Capii che il mio dress-code, seppure attento, era comunque inadeguato alla Giordania, oltre che al contesto strettamente local del minibus, per cui dal giorno successivo girai con i pantaloni del pigiama. LOL
Ritornai a Petra tre mesi dopo, per visitare meglio la Giordania con dei pantaloni più larghi. Quindi vestita come Bagonghi portai le mie copertissime chiappe dal nord al sud del Paese, e poi rientrai in Israele per raggiungere degli amici che mi ospitavano a Rishon.
Quattro mesi dopo avevo nuovamente alcuni inviti aperti in Giordania e stavo riflettendo sul da farsi. Mi tolse l'indecisione un viaggio blablacar in cui incontrai un signore che mi parlò di sua figlia che viveva ad Eilat. Stavo proprio riflettendo sul fatto che in Israele mi sarebbe piaciuto visitare Eilat, ma anche che qui non conoscevo nessuno, così, mi sembrò davvero un caso significativo incontrare questo signore. Fu come quando nel momento dell'indecisione il caso ti da una pacchetta sulla spalla e ti dice 'ma sì, dai!'. Cosa ancora più buffa scopriamo che il signore in questione è un carissimo amico d'infanzia di mia madre, e quindi mi invita assolutamente a stare dalla figlia. Ok, erano segnali sufficienti, e tornata a casa prenotai il biglietto.
Quindi nuovo giro nuova corsa: Tel Aviv, Eilat, Wadi Rum, Petra, Al-Karak, Petra, Tel Aviv and back.
E pochi giorni dopo arrivò la famosa chiamata per l'Oman, quindi iniziò la nuova epopea.


Vorrei raccontare dei miei viaggi, ovviamente conditi da bizzarrie continue, da cui pare io sia bersagliata, ma questo blog è sull'Oman. Allora mi mi limiterò ad allegare qualche foto:


...lo sapete dove...La prima volta che misi piede in Giordania fu quasi per sbaglio. Era luglio 2014 ed ero rimasta bloccata ad Istanbul, aspettando che riaprissero i voli per Tel Aviv (da cui dovevo raggiungere la sede del mio corso estivo di arabo). Ogni sera si tenevano nella hall dell'hotel dove noi tutti passeggeri eravamo confinati, in attesa di novità, lunghe sessioni di brain-stormng collettivo, per capire come andarcene da lì e raggiungere la meta.
Infine io e due baldi nuovi amici, decidiamo di volare ad Amman, e passare il confine via terra, per il valico più settentrionale.
Fu così che decisi (foto prova) che prima di rientrare in Italia sarei tornata in Giordania con più calma per visitare Petra, che sognavo da quando ero piccola di vedere...ci tornai altre 3 volte nei due anni successivi.


...c'erano una tedesca, un portoghese ed un'italiana, che aspettavano l'apertura del confine giordano-israeliano, dopo una notte insonne all'aeroporto, una toilette mattutina ai lavandini del bagno pubblico in mezzo a donne parecchio coperte e distinte e un caffè turco bevuto all'alba con alle spalle la Giordania e davanti a loro Israele. L'italiana è quella avvolta nella copertina turchese della Turkish Airlines.











Se non hai mai dormito in una grotta in mezzo a una famiglia di beduini russanti, non sei mai stato in Giordania.

tra...monti nella valle di Mosè.

Non ero in Giordania, ci sarei andata quella sera. Ero al mare con gli amici e non volevo la foto con lui...io e la mia amica di Eilat (che ho tagliato per privacy e i cui rimangono i capelli), volevamo ci scattasse una foto insieme, ma egli non ha capito.  E in fondo gli uomini arabi sono spesso delle primedonne.



















...svegliarsi così...seppure alle sette del mattino ed in un bagno di sudore...ha pur sempre il suo fascino.  Wadi Rum.
...quando si dice "non c'era un cane".
Petra...e ci sentiamo tutti un po' Indiana Jones con il minimo sforzo...




...cosa mi piace dei Paesi arabi?!  La calma.
Fumare un'arghila tutti insieme, la cui testina è stata ricavata intagliando una mela, e sorseggiando te che si scalda pacioso sulle braci e non sul fornello a gas...con calma.
Certo anche la doccia con calma, perchè non essendoci pressione dovevo lavarmi riempiendo un secchio di acqua...ma sai cosa...la calma aggiunge valore a qualsiasi gesto, in ogni caso.
Questa gentilissima fmiglia di Al-Karak, che mi ha ospitata per 3 gg, si era però purtroppo dimenticata di dirmi che il water era rotto. La scenetta di me che sbarro l'accesso al bagno dichiarando con solennità e cercando di incutere timore "io sono un ingegnere", sperando di riuscire a risolvere il problema da sola, mentre il fratello maggiore mi cercava di infilare dentro la sorella per aiutarmi...me la ricorderò a lungo. Purtroppo anche loro.


Al Aqsa, Gerusalemmme.
Haifa, "la sposa del mare", brilla come una lucciola vista da Acri vecchia.
                         Yafa, addio al nubilato.       
Quel manaqish mangiato al volo con Firas, mentre fuori gli facevano la multa ahimè. Il manaqish è una pizzetta fatta del tipico pane arabo, su cui sopra si spalma il golosissimo e famosissimo (sopratutto a Nazareth) za'tar. Googleggiate ragazzi, googleggiate.

Pescatori sulle mura di Akka (San Giovanni d'Acri).